Cosa succede al cervello umano nello spazio?

2022-08-20 04:32:08 By : Mr. Camby Huang

In un nuovo studio, frutto di una collaborazione tra l'Agenzia Spaziale Europea ESA e l'Agenzia Spaziale Russa Roscosmos, i ricercatori hanno esplorato come il cervello dei cosmonauti cambia dopo aver viaggiato nello spazio.

Il nostro cervello cambia mentre invecchiamo e cresciamo qui sulla Terra ma le nuove scoperte dimostrano che si trasforma anche dopo i voli spaziali. Quasi si "ricabla", dicono i ricercatori e si verificano cambiamenti sia nei fluidi che nella forma. Variazioni che possono permanere per mesi dopo il ritorno sulla Terra.

Per questo studio, il team di ricerca internazionale ha studiato il cervello di 12 cosmonauti maschi poco prima e dopo un volo verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).Eseguendo nuovi controlli anche sette mesi dopo il ritorno sulla Terra. Tutti i cosmonauti in questo studio hanno preso parte a voli di lunga durata, in media, 172 giorni o poco più di cinque mesi e mezzo.

"Ci siamo concentrati inizialmente sulla neuroplasticità per vedere come il cervello si adatta al volo spaziale", ha detto Floris Wuyts, ricercatore dell'Università di Anversa in Belgio che ha guidato la ricerca pubblicata su Frontiers in Neural Circuits. "Le analisi strutturali [del cervello degli astronauti] sono già state fatte, ma la connettività non era ancora stata studiata", ha detto Wuyts. "Con questo articolo [sulla] connettività, approfondiamo finalmente la neuroplasticità".

La neuroplasticità indica la capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta a molteplici fattori ed esperienze, contribuendo all'adattamento dell'organismo agli stimoli, alle situazioni, agli stati interni ed esterni che si possono susseguire nell'arco della vita. Il team ha studiato questi cambiamenti utilizzato una tecnica di imaging cerebrale chiamata trattografia, una tecnica di ricostruzione 3D che utilizza i dati dall'imaging con tensore di diffusione (DTI), tecniche speciali di risonanza magnetica e analisi d'immagine informatiche.

"La trattografia fornisce una sorta di schema di cablaggio del cervello. Il nostro studio è il primo a utilizzare questo metodo specifico per rilevare i cambiamenti nella struttura del cervello dopo il volo spaziale", ha detto Wuyts. Il contributo della risonanza magnetica nei dati è molto importante perché questa tecnica "esamina la struttura a livello [di] materia grigia (come i microprocessori in un PC) e la materia bianca (le connessioni sulla scheda madre di un PC, tra tutte le unità di elaborazione). La risonanza magnetica esamina anche il fluido nel cervello , chiamato liquido cerebrospinale", ha detto Wuyts

"Dopo il volo spaziale, queste strutture sembrano essere alterate, principalmente a causa delle deformazioni causate dallo spostamento dei fluidi che avviene nello spazio", ha detto Wuyts. È interessante notare che il team ha anche riscontrato un aumento della materia grigia e bianca. Nel cervello, la materia bianca facilita la comunicazione tra la materia grigia nel cervello e tra la materia grigia e il resto del corpo.

Oltre a questo spostamento fluido, il team ha notato cambiamenti di forma nel cervello, in particolare nel corpo calloso, che è un grande fascio di fibre nervose che Wuyts ha descritto come "l'autostrada centrale che collega entrambi gli emisferi del cervello".

In precedenza, si pensava che il volo spaziale potesse causare cambiamenti strutturali nel corpo calloso stesso. Tuttavia, il team ha scoperto che i ventricoli vicini si dilatano, il che sposta il tessuto neurale di questa regione attorno al corpo calloso, cambiandone la forma, ha spiegato Wuyts. I ventricoli nel cervello sono sacche che producono e immagazzinano il liquido cerebrospinale, il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale.

I ricercatori hanno anche "trovato cambiamenti nelle connessioni neurali tra diverse aree motorie del cervello", ha affermato nella dichiarazione l'autore principale Andrei Doroshin, ricercatore della Drexel University in Pennsylvania. "Le aree motorie sono centri cerebrali in cui vengono avviati i comandi per i movimenti. In assenza di gravità, un astronauta ha bisogno di adattare drasticamente le sue strategie di movimento, rispetto alla Terra. Il nostro studio mostra che il loro cervello è ricablato, per così dire".

Ma questi cambiamenti non sono stati notati solo subito dopo il ritorno dei cosmonauti sulla Terra. Nelle scansioni cerebrali effettuate sui soggetti sette mesi dopo l'atterraggio, il team ha scoperto che questi cambiamenti erano ancora presenti.

Questo studio fa parte di una serie di ricerche mirate a capire come il volo spaziale e i viaggi spaziali di lunga durata influenzano il corpo umano.

Di recente un altro documento, finanziato dall'Agenzia Spaziale Canadese (CSA), ha dimostrato che la vita nello spazio mette a dura prova il corpo umano che non deve semplicemente fare i conti con l'assenza di gravità e un'esposizione eccessiva alle radiazioni. Fin dalle prime missioni con equipaggio, infatti, gli astronauti sono tornati dallo spazio con l'anemia, una condizione in cui al corpo mancano globuli rossi sufficienti per trasportare l'ossigeno ai tessuti del corpo. Degli oltre 35 trilioni di globuli rossi in un corpo umano adulto sano, almeno 2 milioni vengono creati ed emolizzati, o distrutti, ogni secondo. Ma nello spazio, circa 3 milioni di globuli rossi vengono distrutti ogni secondo, facendo sì che gli astronauti perdano circa il 54% in più di globuli rossi di quanto farebbero sulla Terra. In precedenza si pensava che questa anemia fosse solo temporanea ma questo nuovo studio ha dimostrato che continua anche dopo il ritorno a casa. Un emolisi, secondo i ricercatori, legata essenzialmente all'ambiente a microgravità.

Ovviamente, queste ricerche non esauriscono l'argomento ma forniscono indizi importanti che gli scienziati potranno utilizzare per proteggere meglio gli esseri umani che vanno nello spazio. "La nostra ricerca mostra che dovremmo cercare contromisure per essere sicuri che i cambiamenti di fluidi e i cambiamenti di forma del cervello siano limitati", ha detto Wuyts. Un'opzione potrebbe essere creare la gravità artificiale su stazioni orbitanti e navi spaziali. "L'uso della gravità artificiale a bordo della stazione spaziale o [un] veicolo [diretto] su Marte risolverà molto probabilmente il problema dello spostamento dei fluidi. La ciambella rotante come nel film di Stanley Kubrick '2001: Odissea nello spazio' è un ottimo esempio ma è complicato da realizzare. Tuttavia, potrebbe essere la strada da percorrere", ha affermato Wuyts.

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Nella vita lavorativa mi occupo di web, marketing e comunicazione, digital marketing. Nel tempo libero sono un'incontenibile space enthusiast e mamma di Sofia Vega. Mi occupo di divulgazione scientifica, attraverso questo web, collaborazioni con riviste del settore e l'image processing delle foto provenienti dalle missioni robotiche. Appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno". Amo le missioni robotiche inviate nel nostro Sistema Solare "per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!" ...Ovviamente, è chiaro, sono una fan di Star Trek!

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